Le moderne tecnologie nell’ambito lavorativo si configurano senz’altro come una risorsa supportiva delle attività dei lavoratori, favorendo modalità operative più snelle che alleviano la mole di impegno fisico o intellettuale richiesto e quindi potenzialmente riducendo la probabilità di sperimentare vissuti di stress. Tuttavia nell’odierna era high-tech, in cui la diffusione delle ICT (Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione ) è ormai capillare nella sfera sia lavorativa che privata dell’individuo, è intuibile come un utilizzo non corretto delle stesse possa risultare controproducente. Così, la nuova frontiera dei rischi psicosociali è rappresentata dal Tecnostress, una specifica condizione di disagio psicofisico dovuto ad una gestione inadeguata delle tecnologie. Riconosciuto malattia professionale da una sentenza del 2007 emessa dal Pubblico Ministero, Dottor Guariniello della Procura di Torino, il Tecnostress può colpire potenzialmente qualsiasi lavoratore ed avere un impatto sul benessere dell’individuo, con inevitabili ripercussioni sul rendimento organizzativo. Alla base di questo malessere vi sono caratteristiche delle ICT e condizioni relative al loro impiego, quali il sovraccarico informativo cui è esposto il lavoratore, l’effetto intrusivo delle nuove tecnologie nella vita privata, la complessità associata al costante progresso delle stesse, il timore di essere sostituiti da una nuova ICT o da risorse tecnologicamente più esperte, la necessità di doversi frequentemente aggiornare in merito al loro utilizzo. Accanto a questi fattori in grado di generare Tecnostress, la ricerca ha rilevato l’esistenza di fattori in grado di inibirlo. Tra questi vi sono il coinvolgimento attivo dei lavoratori nei processi di pianificazione e implementazione delle nuove tecnologie, la fornitura di supporto tecnico e di percorsi di alfabetizzazione nonché la predisposizione di interventi formativi e di policy aziendali sensibili al tema.
Ormai da diversi anni l’attenzione europea si sta rivolgendo all’argomento ed emergono best practices provenienti da diversi settori produttivi (BMW, Bayer, Volkswagen, Microsoft), che stanno contagiando anche la politica: è di quest’anno la legge francese che tutela il “diritto alla disconnessione”. Le evidenze empiriche circa gli effetti del Tecnostress prima di tutto sulla salute del lavoratore ed in seconda istanza sugl’esiti aziendali stanno infatti sviluppando la consapevolezza dell’imprescindibile necessità di fornire un’attività di informazione e formazione mirata e innovativa ad un uso corretto delle ICT che dia ai lavoratori e all’azienda delle conoscenze e degli strumenti atti ad alleviare il rischio di Tecnostress nel lavoro quotidiano.